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giovedì 2 febbraio 2017

60 ANNI DI JAMM’MÒ. LA RABBIA DEI SULMONESI SCENDEVA IN PIAZZA

SULMONA – “So sulmontin e Jamm’ mò”. Lo striscione realizzato dal gruppo ultras ovidiano che risplende in Largo Faraglia dà subito l’idea di quanto accaduto 60 anni fa. La rabbia del capoluogo peligno scese in piazza con la storica rivolta popolare che infiammò la città nelle fredde giornate del 2 e 3 febbraio 1957. Tutto comincia quando il Ministero della Difesa sopprime 48 dei 96 distretti militari esistenti in Italia. Sulmona è tra questi. Contro il provvedimento si levano le proteste dei 65 comuni che formano il circondario.
Era il 1954. Tre anni più tardi, il 30 gennaio 1957, la speranza che il Ministero sarebbe tornato sulla sua decisione è svanita. Ormai è certo che il distretto sarà soppresso. Il sindaco, marchese Mazzara, e la Giunta si dimettono. Viene proclamato lo sciopero generale. Il 2 febbraio nel pomeriggio giunge a Sulmona il Prefetto dell’Aquila, il dottor Morosi, accolto da manifestazioni di protesta. La folla tumultuante lo blocca nel palazzo del Municipio. Solo a sera il Prefetto riesce a lasciare la città. Nel pomeriggio del 3 febbraio, dopo una mattinata abbastanza calma, nuovi tumulti. Ancora barricate, campane a stormo, scontri tra polizia e dimostranti, lancio di candele fumogene, qualche sparo da parte dei manifestanti. Oltre un centinaio di fermati, mentre i feriti furono 150. Poi torna la calma. Il 7 febbraio il Ministro degli Interni Tambroni riceve il sindaco di Sulmona e gli chiede di ritirare le dimissioni. Una mozione approvata dal Parlamento tampona definitivamente la situazione, mentre dal governo parte l’impegno di favorire un rinnovato processo di industrializzazione. La cronaca di quei giorni, quando Sulmona ospitava il 57esimo Reggimento di Fanteria, risveglia l’ardore di una città che in più momenti della storia è stata e resta ferita. Una città però che non vuole e non può rimanere ferma. Jamm’mò, vale a dire andiamo ora.